La volta scorsa abbiamo visto come i romani siano i primi ad adottare la tecnica del tamponamento in vetro. Tuttavia fino al XIX secolo la maggior parte del vetro piano fu realizzato per soffiaggio di una sfera e suo successivo allargamento per rotazione in forno. Questa tecnica venne poi persa per scarsità di materiali durante l’alto Medioevo per essere in seguito riacquisita ed in larga scala durante il periodo gotico.
i profilati di piombo erano utilizzati per tenere insieme le lastrine di vetro sapientemente colorato in sistemi a notevole tenuta all’aria e resistenza statica. Tuttavia, non dobbiamo scordare come la tecnologia del vetro (vetro e preziose vetrate) fosse riservata agli edifici dei ricchi, in quanto indicazione di status e impiegata nelle chiese, che godevano in questo modo di quella venata luce che cadeva dall’alto e che serviva ad elevare lo spirito. Nelle abitazioni nobili delle città la finestra si fece più leggiadra, magari nelle forme a bifora o a trifora, sorretta da esili colonnine e bordata da decorazioni in laterizio come le murature in cui era inserita. Le polifore erano spesso contenute all’interno di uno stesso arco, che, unitamente a rilievi in laterizio, ne costituiva la decorazione. I fregi e le cornici, di fogge molteplici ed a volte molto elaborate, spesso venivano ripresi per essere accorpati utili a formare da soli elemento decorativo in facciata.
Per quanto riguarda le abitazioni, anche in questo caso le finestre si alleggerirono e permisero l’inserimento dei vetri. I vetri erano così contenuti in profilati in piombo e le schermature ancora ottenute con ante in legno. Furono tipiche di quest’epoca, come abbiamo già detto, le finestre bifore o trifore, ossia finestre divise da pilastrini in due o tre sezioni e sormontate da archi a tutto sesto. Nell’edilizia fortificata la finestra medievale invece non rappresentava un elemento essenziale della facciata: spesso stretta e lunga e con scarse decorazioni. Il suo scopo principale era infatti sia la vista e il controllo sull’esterno in caso di attacco nemico, sia quello di garantire un’illuminazione minima all’interno dell’abitazione. In ogni caso, la mancanza dei vetri e lo spessore dei muri facevano sì che le dimensioni dell’apertura delle finestre fossero sempre comunque molto limitate.
Già avevamo visto come durante il periodo Romanico fosse nato il “rosone”, grande finestra circolare divisa in forme geometriche a raggiera caratteristica dell’edilizia religiosa. Grazie all’arricchimento delle vetrate colorate, preziose elaborazioni dell’arte vetraria che tramandavano il segreto di un antichissimo sapere alchemico e misterico, il rosone venne ripreso e sviluppato nel gotico. In questo periodo artistico i rosoni si ingrandirono fino ad arrivare ad ornare l’intera facciata degli edifici con i loro colori grazie a decorazioni a volute in pietra lavorata.
le chiese gotiche godettero di novità strutturali che permettevano di alleggerire pareti e facciate, abbellendosi con rosoni e con snelli e altissimi vani finestrati. La luce divenne finalmente protagonista, tutto ciò grazie proprio allo sviluppo della tecnologia del vetro, materiale utilizzato già nell’antichità, in preferenza nell’oggettistica e nella gioielleria. In questo senso i migliori esempi di vetrate si trovano tuttora nelle chiese e nelle cattedrali medioevali dell’Europa Settentrionale. Mentre in Italia e in Spagna furono meno utilizzate a causa dell’irraggiamento del sole troppo forte per l’ampiezza delle superfici vetrate e per via della tradizione costruttiva romanica. Nel periodo gotico la progettazione della finestra negli edifici religiosi usufruì di novità strutturali che permisero di concentrare i carichi dell’edificio in elementi più snelli rispetto al passato, come ad esempio, l’arco a sesto acuto che consentiva una spiccata verticalità. Per tale ragione, e grazie all’alleggerimento della struttura, le chiese poterono svilupparsi in altezza, come a voler raggiungere il divino, mentre le facciate “svuotate”, accolsero l’inserimento di ampi ed altissimi vani finestrati, spesso a polifore, decorate con dovizia di particolari. Le finestre divennero dunque alte, dando ampiezza e respiro alle mura e così la luce divenne un elemento di definizione degli spazi, in particolar modo a causa delle sue grandi dimensioni e dei ricchi “merletti” in cui erano inserite. Le ampie vetrate sostituirono e andarono a riempire sottili intelaiature di pietra, così la luce filtrata dalle finestre assunse un significato simbolico entrando in un rapporto dicotomico col buio (il peccato). Laddove, le ricche composizioni cromatiche delle vetrate risaltavano in contrasto con la penombra dell’ambiente, l’effetto di queste immagini su vetro mutava ad ogni variazione della luce. In generale, le decorazioni furono molto presenti ed evidenti nello stile gotico (sculture, mosaici, vetrate istoriate), grazie anche al progresso nella tecnica di taglio della pietra.
Dal punto di vista della manualistica e della didattica durante il medioevo si verificò la distinzione tra la progettazione come “ideazione” (arti “liberali”- nobili ) e l”‘esecuzione” (arti meccaniche), cosa che tenderà poi a perdersi nel Rinascimento. Sia il “Variorum architectorum delinationes portarum et fenestrarum, quae in urbe Florentiae reperiuntur”, anonimo trattato del 1282 custodito nella Biblioteca Apostolica Vaticana che raccoglieva ben 74 esempi di porte e finestre della Firenze medicea; sia “Porte e Finestre di Firenze e di Roma” di Giorgio Vasari il Giovane, che rappresentava una sorta di catalogo di finestre ad uso del committente e dei professionisti del settore; sia “Regole generali di architettura” di Sebastiano Serlio distinguevano nettamente la progettazione dalla mera esecuzione. Inoltre, quest’ultimo introdusse una novità nel repertorio dei sistemi di illuminazione naturale degli spazi costruiti, una nuova tipologia di finestra. La “serliana” era infatti un elemento architettonico composto da un arco a tutto sesto affiancato simmetricamente da due aperture in cui erano collocate due colonne sormontate da un architrave. Importanti esempi documentali di tipologie architettoniche in cui venne dato rilievo alle parti finestrate furono i trattati di Vignola, Palladio, Scamozzi e altri.